L'otto maggio 2020, ancora in pieno lockdown, venivano festeggiati i 40 anni della vittoria dell’uomo sul vaiolo.
La «prima e unica malattia eradicata su scala globale, attraverso la collaborazione di Paesi in tutto il mondo» commentava l’Organizzazione mondiale della sanità. Oggi, pensare a quella celebrazione applaudita dai ricercatori di tutto il mondo, fa un certo effetto. Ci ritroviamo, con sorpresa, a contare (studiare e monitorare) i pazienti colpiti dal vaiolo delle scimmie in Europa come negli Stati Uniti e a prepararci per una possibile nuova variante del Sars-Cov-2, la Omicron 5. L’ennesima mutazione della variante. E questo mentre cresce la voglia di partire, andare in vacanza, spostarsi da un Continente all’altro, dimenticando la pandemia. Basta fare un’istantanea degli aeroporti e dei porti, in questi giorni, per rendersene conto. Dopo due estati con il freno tirato quest’anno sembra essere difficile rifermarsi. Di fatto il desiderio, diremmo l’esigenza profonda, di viaggiare sembra essere diventata l’antidoto alla paura che ci ha accompagnato. Da una parte, dunque, la speranza che non ci si debba preoccupare per la diffusione di un virus che non è sfuggente e imprevedibile come il Covid e dall’altra l’attenzione che si alza. Importante è essere preparati: sapere se per andare in quel Paese serve o il tampone come le eventuali vaccinazioni. Consultare viaggiaresicuri.it, un servizio online del ministero degli Esteri.
IL PUNTO
Il virus del vaiolo delle scimmie (da noi la vaccinazione per il vaiolo è stata sospesa nel 1977) «ha differenze significative con il Covid, a partire dal fatto che non si trasmette facilmente tra gli esseri umani; è probabile un aumento dei casi ma attualmente non c’è un’emergenza sanitaria – rassicura Marco Cavaleri, responsabile della strategia vaccini dell’Ema, l’Agenzia europea per i medicinali – Al momento non si tratta di un’emergenza di salute pubblica e l’attenzione dovrebbe rimanere sull’identificazione, il monitoraggio e la gestione dei nuovi casi». Nonostante la situazione non sia paragonabile alla pandemia da Covid, Hans Kluge, direttore dell’Ufficio regionale dell’Organizzazione mondiale della sanità per l’Europa, ricorda che «i casi censiti potrebbero essere solo la punta dell’iceberg. E che la Regione europea rimane l’epicentro dell’epidemia di vaiolo delle scimmie più grande e geograficamente più diffusa. È una malattia a bassa contagiosità, i casi a livello internazionale è inevitabile che possano anche aumentare però noi ci aspettiamo che progressivamente la numerosità si riduca fino alla scomparsa della malattia. Questo se viene fatta una diagnosi precoce e chi è contagioso eviti di esporre altre persone al rischio». Mettendo in guardia dalle «decine di festival e grandi feste in programma per l’estate che forniscono ulteriori contesti in cui potrebbe verificarsi un’amplificazione».
LA PREPARAZIONE
A differenza del Covid-19 per il quale è stato creato un vaccino ad hoc, il vaiolo delle scimmie ha già un’arma a disposizione per proteggere. Anzi due. Sono due, infatti, i vaccini che potrebbero essere utilizzati. Dalla fine degli anni Settanta la produzione si è praticamente fermata. I due vaccini sono in grado di prevenire la malattia anche se usati fino a 4 giorni dall’esposizione al virus e potrebbero quindi essere usati per proteggere i soggetti entrati a contatto con infetti. L’Italia sarebbe pronta nel caso si rendesse necessario procedere a una vaccinazione per alcune categorie. «Abbiamo già la disponibilità di oltre 5 milioni di dosi di vaccino antivaiolo, siamo preparati per procedere qualora ve ne fosse la necessità», fa sapere il sottosegretario alla Salute Andrea Costa. Non va dimenticato che circa il 40% degli italiani ha già una protezione indicativamente dell’85%. Attraverso l’Autorità europea per la preparazione e la risposta alle emergenze sanitarie (Hera), l’Unione europea sta, comunque, lavorando a un acquisto centralizzato di vaccini e antivirali. La vaccinazione sarà limitata a casi molto specifici dal momento che «trasmissibilità e rischio connessi al vaiolo delle scimmie non sono comparabili con il Covid». Ma una superprudenza nel bagaglio è d’obbligo.
I TURISTI
Anche cento casi all’interno di un Paese non vuole dire che c’è un’epidemia che possa coinvolgere i turisti. «Sono sporadici. Certo, se oggi c’è chi pensa di avere rapporti sessuali non sicuri in un Paese dove sono stati diagnosticati tanti pazienti, qualche rischio lo corre. Ma anche prima del vaiolo delle scimmie c’erano malattie a trasmissione sessuale, ricorda Massimo Andreoni, professore di Infettivologia al Policlinico Universitario Tor Vergata di Roma e direttore scientifico della Società italiana di malattie infettive e tropicali. A sparigliare le carte (scientifiche) uno scenario inedito evocato da Mosca: i biolaboratori Usa sarebbero dietro la crisi del vaiolo delle scimmie. La richiesta all’Oms è quella di indagare su quattro centri americani in Nigeria.
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