Si è fatto risentire con vivace insistenza qualche giorno fa, quando dopo gli interminabili mesi di inevitabile fermo sono tornato di fronte ad un gruppo di persone a parlare dal vivo. Il doloretto, alla vigilia dell’atteso evento, ha deciso di posizionarsi fra l’intestino e il colon, ha passeggiato non curante fregandosene della mia gioia, ha provato a distrarmi, a spostare la mia attenzione dai fogli che avrei dovuto leggere a lui. L’ho lasciato gironzolare senza dargli troppa importanza e lui ha deciso di fermarsi quando mi ha visto pronto a vivere l’emozione di quell’incontro. Il mio doloretto-viaggiatore mi accompagna da sempre, è capace di spostarsi dal polpaccio al ginocchio, dal fianco al centro del petto, dalla schiena alle tempie. Ho però una grande fortuna, durante la notte dorme, raramente si è lasciato incuriosire dalle tenebre, è un doloretto-pigro e non è poco. Diventa particolarmente dispettoso e molesto una o due volte l’anno quando le stagioni cambiano e decide di allenarsi correndo dal collo alle spalle; in quei casi sono costretto a punirlo ingerendo un anti-doloretto che lo anestetizza, probabilmente questa pratica lo innervosisce assai, puntualmente lascia le zone che considera pericolose e decide così di stazionare per qualche ora nel padiglione auricolare destro, sul mignolo sinistro o addirittura fra i capelli.
Lo conosco da sempre il mio doloretto, fin dai tempi della scuola: già allora si faceva vivo alla vigilia di un esame o di un’interrogazione, ed io ho imparato abbastanza presto a controllarlo, a prevedere i suoi tempi e le sue reazioni. Oggi i momenti di grande soddisfazione, dove rischio di perdere il controllo, se li prende prima del mio andare in scena. Il suo spazio preferito in quei casi è lo stomaco, lo immagino sdraiato durante le prove, inizia i suoi allenamenti ad una settimana dal debutto, dimostra qualche scrupolo durante la prova generale, ma la grande rivincita se la prende al risveglio del giorno della prima recita, quando corre come un pazzo e perde ogni controllo e pudore a un quarto d’ora dall’apertura del sipario. Ho avuto la fortuna di confortarmi e salire sul palco con attori molto più esperti, importanti e navigati di me, e quasi tutti mi hanno confessato di conoscere bene il doloretto da palcoscenico. Devo però ammettere che in due o tre occasioni si è dimostrato affettuoso e riconoscente. Una di queste risale al 7 marzo scorso quando sono risultato positivo all’orrendo Covid-19. Per ventiquattro giorni sono stato alle prese con febbre, mal di gola, saturazione allarmante, preoccupazione e affaticamento, e in questo lungo periodo lui si è fatto da parte, ha rinunciato alle sue passeggiate, agli allenamenti e alle corse. Mi piace pensare che l’abbia fatto per me, per non aggiungere fastidio al fastidio, per rispetto alla libertà che gli ho concesso in questi lunghi anni. A volte penso invece che l’ha fatto per vigliaccheria, un doloretto-impaurito da una malattia armata e capace di uccidere. Mi ero illuso fosse scappato per sempre e invece, come accennato all’inizio di questa mia surreale confessione, qualche giorno fa è tornato. Se si limiterà a manifestarsi prima di uno spettacolo allora sia il benvenuto. Dopo mesi di buio per lo spettacolo dal vivo un doloretto-capriccioso diventa una medicina.