Natale: non solo gioia ma anche ansia e solitudine. Una festa mille emozioni

Sotto l’albero “scartiamo” sempre emozioni diverse.

Per alcuni differenti di anno in anno, per altri sempre uguali a se stesse, per altri altalenanti durante tutto il periodo delle feste. Non è, comunque, per nessuno facile maneggiare questo sentire. Perché parliamo di un mix di ricordi, gioie, rabbie, nostalgie, speranze che sta posizionato nel profondo.
Come si sente il profumo di Natale il mix esplode e ci pervade. A volte ci sorprende, a volte ci conforta, a volte ci permette di fermarci e capirci al meglio. Sfatati i miti e fatta maggior chiarezza su alcuni dati e ricerche disponibili, le festività natalizie sembrano confermare la loro peculiarità nel metterci a contatto con una miscela di emozioni capace di ripercuotersi in modo importante su psiche, ovviamente, e sul fisico. Il Natale e a seguire il Capodanno, si presentano, infatti, con caratteristiche che non troviamo in altri periodi dell’anno. Gli ultimi giorni di dicembre sembrano essere particolarmente fertili per la gioia e la condivisione come per la tristezza, la tensione e lo stress

IL POTERE DEL RIFIUTO 

«Bisogna comunque agire, ma non per sforzarsi a fare ciò che non si vuole – consiglia il professor Claudio Mencacci, presidente della Società Italiana di Neuropsicofarmacologia – Al contrario, se ci si vuole davvero rilassare e godere della pausa, bisogna imparare a rispondere con dei “no”. Paradossalmente, questo limita il senso di solitudine. È importante anche accettare le proprie emozioni e, se c’è, lo stato malinconico. Perché a volte, camuffarsi da gioiosi non fa che incrementare il livello di stress. Il tema principe del mese di dicembre deve essere “rispettare i propri limiti” e portare il pensiero sul qui e ora per comprendere di quali situazioni vogliamo godere e cosa ci àncora al presente».
Che vuol dire stabilire confini e modalità di partecipazione agli eventi sociali. Non sentirsi in colpa se si vuole modulare o eliminare la propria partecipazione, se questo genera malessere e irritazione.
Condizione che potrebbe tradursi nel cogliere l’occasione per rispolverare intatta un po’ della meraviglia che i più piccoli hanno di fronte al Natale e alla vita in generale. Focus sul piacere del dono. Una ricerca della University of Chicago Booth School of Business e della Northwestern University Kellogg School of Management, pubblicata su Psychological Science rileva che la felicità che proviamo dopo un particolare evento o attività diminuisce ogni volta che la sperimentiamo. Donare agli altri resta nel tempo. Una buona occasione è il Natale.

IL BAMBINO INTERIORE

 
Lo psicologo inglese Steve McKeown, fondatore dell’organizzazione no profit MindFixers e della McKeown Clinic, sostiene che immergersi nell'atmosfera del Natale fa mantenere i contatti con il bambino che è in noi, facendo sembrare più lontane le responsabilità e i problemi della vita adulta.
«In un mondo pieno di stress e ansia, la gente associa ciò che è correlato al Natale alla felicità, evocando forti sentimenti legati all’infanzia – ricorda McKeown – Le decorazioni sono semplicemente un percorso verso quelle magiche emozioni di eccitazione dell’infanzia. Benché possa esserci una percentuale di ragioni sintomatiche per cui qualcuno voglia ossessivamente addobbare casa in anticipo, nella maggior parte dei casi si tratta di motivazioni nostalgiche o per resuscitare la magia del Natale».
Un’idea potrebbe essere quella di ipotizzare una sorta di pianificazione delle Feste in nome, soprattutto, della rilassatezza. «Si può anche organizzare un vero e proprio planning, per evitare di affrontare l’acquisto dei regali e il resto come se fosse una maratona – aggiunge Mencacci – Sarebbe importante dedicare tutti i giorni almeno trenta minuti a una passeggiata. Le ore di luce sono una vera terapia che aiuta a stare meglio e alleviare, nel caso, lo stato di malinconia».
Non è vero, infatti, che le feste di fine dell’anno portino con sé sempre gioia e felicità. Oggi molte ricerche evidenziano un diffuso malessere che si sparge come l’odore della cannella. È stato battezzato “Christmas Blues” o “Sindrome del Natale”. Una forma di tristezza e melanconia che sembra attivarsi proprio nel periodo delle festività natalizie. E i motivi sono i più diversi. Dentro e fuori di noi. Dall’avversione verso le relazioni sociali ai resoconti alle aspettative (forse irrealistiche) sulle festività e su modelli di armonia familiare e amicale.
Comprensione, dunque, anche per chi non risponde ai canoni tradizionali. Chi può provare anche ansia pensando al Natale. Può capitare di vivere la pressione esercitata dalle tradizioni come particolarmente stressante, con un sentimento di inadeguatezza per non riuscire a essere felici ed entusiasti come il particolare periodo sembra richiedere. Per salvaguardare la propria salute mentale è indispensabile infatti riconoscere se ci si sente psicologicamente in linea con le richieste di chi ci è accanto.


Oggi, una persona così, viene subito etichettata come Grinch. Quel personaggio di colore verde raffigurato come una creatura umanoide pelosa, panciuta, a forma di pera, con braccia e gambe lunghe e magre, dalle pupille rosse e personalità cinica. Irritabile, solitario, amareggiato e irascibile, con un cuore che è "di due taglie troppo piccolo" odia in particolare il Natale.
Il Grinch è colui che si siede in cima a un monte pianificando una strategia per impedire al Natale di arrivare nella sua città, Whoville. Un luogo immaginario creato dall'autore Theodor Seuss Geisel settanta anni fa, nel 1954 negli Usa. È profondamente infastidito dai pensieri e dal divertimento rumoroso che gli abitanti di Whoville potrebbero avere la mattina di festa giocando con i loro regali. Ma, alla fine, ci ripensa e partecipa alla festa. E gli amici gli danno l'onore di affettare l'arrosto. Perché è Natale.
 

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