Ha ricostruito il volto del centravanti del Napoli Victor Osimhen, utilizzando sei placche e diciotto viti in sala operatoria. «Interventi così complessi sono rari, ma traumi dovuti a incidenti di gioco si verificano spesso, soprattutto nelle giovanili e durante le partite di calcetto tra amici», avverte Gianpaolo Tartaro, professore universitario e primario di Chirurgia maxillo-facciale al Policlinico Vanvitelli del capoluogo campano.
Per il nigeriano, che ha avuto la peggio con Milan Skriniar durante Inter-Napoli, qual è stata la complicanza maggiore?
«Victor aveva l’occhio fuori dall’orbita: più di venti microfratture scomposte hanno determinato un esoftalmo da schiacciamento. L’osso malare, sotto lo zigomo sinistro, si è accartocciato e frammentato in più punti. Per questo, Osimhen è finito come sotto una pressa».
Così l’operazione è durata più del previsto.
«Tre ore e mezza. Più di quanto io stesso avevo ipotizzato il 22 novembre, durante la visita medica alla Ruesch, che ha preceduto l’intervento. Il giorno dopo ho dovuto ricostruire l’orbita, effettuare tre incisioni sul viso e posizionare diversi tipi di placche in modo da rendere più stabile lo zigomo, favorire la formazione del callo osseo e velocizzare la guarigione».
La prognosi di 90 giorni è aggiornata a oggi?
«La prognosi resta invariata, ma ogni giorno sono evidenti i miglioramenti. Tutto è controllato dal collega Raffaele Canonico, del Calcio Napoli». Come in altri casi, una maschera facciale può consentire una ripresa più rapida? «È allo studio, ma questo dispositivo non è facile né da realizzare né da indossare: per Osimhen, andrebbe a poggiare sulle parti fratturate. Lì dove c’è anche un nervo».
Quando il ritorno in campo?
«Da tifoso, lo vorrei già in attacco, e Victor vorrebbe ricominciare subito a giocare. Ma dobbiamo rispettare i tempi tecnici decisi d’intesa con Canonico e la società».
Qual è il cronoprogramma?
«Osimhen è in riabilitazione, in settimana eseguirà le radiografie di controllo, presto potrà correre e allenarsi di nuovo».
Esegue tante operazioni del genere?
«Più di quattro o cinque a settimana. Ho da poco operato anche il portiere del Benevento».
E Alberto Paleari è già tornato in campo.
«Nel suo caso, la frattura non aveva toccato l’orbita».
Quali incidenti si verificano più spesso durante le sfide tra amici e tra colleghi di lavoro?
«Una testata, come nel caso di Osihmen, o una gomitata può causare una frattura dello zigomo, colpire l’orbita, il sopracciglio, l’osso malare. E poi…»
E poi, cosa?
«Un’altra frattura, tipica del calciatore, anche dilettante, è quella del naso, ma può essere rimessa a posto con una manovra manuale a bordo campo, ovviamente eseguita da un medico competente».
Caso risolto?
«L’intervento chirurgico serve poi per rimettere a posto il setto nasale».
Può bastare ad appendere una volta per tutte le scarpette al chiodo.
«Ma l’elenco degli incidenti di gioco è ancora lungo… Le ferite lacero-contuse, ad esempio, si hanno soprattutto tra i difensori; mentre la frattura della mandibola si diagnostica più spesso a seguito di una caduta dalla bici o dal motorino».
Anche le pallonate possono essere pericolose?
«Quelle no. Lo sono, invece, gli scontri aerei e in area di rigore tra ragazzi, per carattere irruenti nelle giovanili, decisi a farsi notare».
Chi rischia di più: l’attaccante o il portiere?
«Il portiere, perché è concentrato a guardare la palla e ha il corpo scoperto».
Altri traumi sportivi da segnalare?
«La pallanuoto provoca fratture importanti tra l’arcata sopracciliare e la fronte, all’altezza dei seni nasali, perché quell’osso è vuoto e fragile come vetro soffiato».
C’è una strategia per evitare di farsi male?
«Per chi ha una certa età come me, e continua a giocare a calcetto, è utile non fare movimenti bruschi, ma prestare attenzione non abbassa di molto le probabilità di infortuni. Fino al novantesimo minuto».