La vita dei fumatori, in Italia sono circa 12 milioni, è costellata di periodi in cui riescono a diminuire il numero delle sigarette bruciate nella giornata, periodi in cui smettono e periodi in cui ricominciano. Le storie di coloro che ammettono di non riuscire a sottrarsi alla dipendenza dalla nicotina sono sovrapponibili. E molto frustranti. Ma una sorta di seconda via per arrivare all’astinenza o, almeno, ridurre il rischio, è oggi percorribile. Parliamo della sigaretta elettronica e di quella digitale che scalda il tabacco ma non lo brucia. Un primo grande passo per tutelare la salute anche se non si arriva all’astinenza pura. «Sostenere che utilizzare la sigaretta elettronica o il riscaldatore di tabacco equivalga a fumare le sigarette tradizionali è improprio – spiega Fabio Beatrice, otorino direttore del Centro antifumo del San Giovanni Bosco di Torino – Con questi strumenti, infatti, si abbatte drammaticamente il livello di monossido di carbonio, che è espressione diretta della tossicità da combustione. Che poi non si risolva la dipendenza è un altro discorso. Le sue conseguenze, come le sue motivazioni, sono assai diverse. Una parte dei problemi potrebbe essere sicuramente affrontata dopo la scelta che permette la riduzione del rischio». Con il fumo tradizionale, quindi con la combustione del tabacco, vengono sprigionati settanta tipi di sostanze cancerogene e quattromila agenti tossici, oltre a polonio, carbonio, cadmio. «Il fumo digitale dà una possibilità alle persone che non riescono a smettere – aggiunge l’esperto – Tutti coloro, come me, che operano nei centri antifumo, possono utilizzare questa finestra di cambio di comportamento per aiutare le persone a fare una svolta. Questo cambio regala, in tempi molto brevi, una migliore respirazione cancellando tosse e altri fastidi oltre a una maggiore autostima. Visto che si è stati capaci di agire, di uscire dal blocco delle proprie fragilità».
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