Ha deciso di andare in pensione, anche se non intende fare il pensionato. L’immunologo Anthony Fauci, 82 anni da compiere la prossima vigilia di Natale, infatti, dopo 54 anni al Dipartimento Salute e dopo aver collaborato con sette presidenti Usa, continuerà a lavorare per la scienza anche quando, proprio a dicembre, lascerà il National Institute of Allergy and Infectious Disease, dove è stato direttore per 36 anni. «Ho l’energia, la passione e la salute, ora vorrei fare qualcosa fuori dal governo. Vorrei fare lezioni e scrivere usando la mia esperienza per ispirare le nuove generazioni di scienziati e incoraggiarle affinché entrino nel servizio pubblico, specialmente nel settore della salute pubblica». Lezioni magari anche in Italia, per la quale riconosce un affetto profondo: «Sono orgoglioso di avere un cognome italiano. Sono orgoglioso che sia i miei nonni materni che quelli paterni fossero italiani, e spero che il lavoro che ho fatto sia stato utile anche per voi italiani» spiega, con un pizzico di commozione a MoltoSalute.
Per tre anni lei è stato il punto di riferimento per tutto il mondo. Come ha retto psicologicamente?
«Quel che mi ha aiutato è stato comprendere l’enormità del problema che ci trovavamo davanti, non solo negli Stati Uniti, ma anche in Italia, in Europa, nel mondo. Dovevo concentrarmi come un raggio laser sulla mia responsabilità da direttore dell’Istituto delle Malattie Infettive. Dovevamo accertarci che ogni cosa che facevamo fosse basata sulla scienza, sulle prove davanti ai nostri occhi, sui dati, la verità. Purtroppo negli ultimi anni ci sono state distorsioni della realtà, sono state affermate cose non vere, si è perfino negata la pandemia. Ho dovuto usare tutta la mia forza per continuare a difendere le informazioni corrette, e poiché gli Usa sono i leader nella scienza, mi sono ritrovato in contatto con tutto il mondo, inclusi tanti colleghi e amici anche in Italia. Il mio sostegno? Fedeltà e fiducia nella scienza».
Eppure sono stati commessi degli errori. Se lei potesse andare indietro, cosa cambierebbe?
«Non si può parlare di errori perché trattavamo con un nemico misterioso e sconosciuto che si evolveva velocemente. All’inizio non sapevamo quanto aggressivo e insidioso fosse il Coronavirus, non sapevamo quanto facilmente passasse da persona a persona, che si trasmettesse via aerea e che anche gli asintomatici fossero veicoli di infezione. Se tornassi indietro con le cognizioni che abbiano oggi, adotterei subito le mascherine».
La mascherina, lei continua a indossarla, vero?
«Noi negli Usa la raccomandiamo al chiuso, a seconda del livello di contagio nel luogo dove ci si trova. Laddove il contagio rimanga alto, ne suggeriamo l’uso, soprattutto per le persone anziane o per coloro che abbiano problemi di salute».
Arriva il richiamo contro Omicron e le sue sotto varianti BA.5 e BA.4, ma la gente è stanca dei richiami, pensa che oramai il Covid sia diventato una banale influenza. Lei cosa risponde?
«Guardiamo le statistiche. Sebbene in molte parti del mondo facciamo meglio, grazie al fatto che le persone sono vaccinate e che coloro che prendono il Covid si riprendono, i tassi di contagio rimangono alti a livelli inaccettabili. Un esempio: noi negli Usa, che è in una condizione simile all’Italia come Paese ricco e sviluppato, abbiamo avuto più di un milione di morti. E ancora oggi, abbiamo una media di 300 morti al giorno. Andiamo meglio di un anno fa, ma dobbiamo ancora fare molto. Purtroppo negli Usa solo il 67% della popolazione è vaccinata e solo la metà di questi ha fatto il richiamo. Quindi non si può dire basta, dobbiamo spingere perché più gente si vaccini e faccia il richiamo».
Basterà fare un vaccino all’anno, come con l’influenza?
«Andiamo verso una certa probabilità che basti un vaccino all’anno per ovviare all’immunità che scompare. Un elemento molto peculiare del vaccino anti-Covid è che è diverso dai vaccini contro per esempio il morbillo o la poliomielite, perché in quei casi la protezione dura decenni se non la vita intera. La protezione da vaccino o infezione nel Covid invece non dura molto a lungo. È verosimile che dovremo fare un richiamo ogni anno, ma ci saranno persone che dovranno farlo anche più spesso se anziane o con precedenti malattie».
Ma perché? Il virus del Covid è più furbo di quello del morbillo?
«Non parlerei di intelligenza di un virus, ma è un fatto che chi, come me, quando era bambino ha avuto il morbillo, conserva l’immunità per il resto della sua vita. Il corpo cioè crea una forte risposta immunitaria. Invece perfino l’infezione naturale con il Covid non ti offre una protezione prolungata dalla re-infezione. Questo rende molto, molto, molto più difficile che un vaccino possa offrire una performance di protezione migliore di quello che la natura stessa offre. La natura del virus è così».
Dottor Fauci, ora che stiamo imparando a convivere con il Covid, di cosa dovremmo avere paura nel futuro?
«Da specialista di malattie infettive, mi preoccupo in primis di altri virus, ma come scienziato e medico vedo la minaccia dei cambiamenti climatici, il persistere di malattie croniche, e la cattiva alimentazione. Tutte queste sono minacce terribili per l’umanità. Quanto ai virus, ricordate che prima del 1981 l’HIV-AIDS non esisteva. E da allora, in 41 anni, ha ucciso 37 milioni di persone. Altre pandemie sono arrivate prima del Covid, l’Ebola, la Zika. Ma la società mondiale deve preoccuparsi del problema del cambiamento climatico, che porterà con sé ricadute di ogni genere, molte ancora sconosciute. Poi le malattie croniche, alcune delle quali prevenibili come il cancro da fumo. La scienza ha davanti un ampio spettro di minacce da tenere d’occhio».
Lei dice sempre che la scienza deve stare lontano dalla politica. Ma come può spiegarlo ai giovani?
«Si resti fedeli alla scienza. Lei sa che io sono stato attaccato da politici radicali in questo Paese, e bisogna avere coraggio per resistere a questo tipo di pressioni. Ma la scienza e la salute del pubblico sono troppo importanti per cedere, e proteggerle è una grande soddisfazione».
© RIPRODUZIONE RISERVATA