Una cicatrice, subdola e non visibile con gli accertamenti di routine.
Solo la risonanza cardiaca con mezzo di contrasto la scopre ed è una delle cause prevalenti della morte improvvisa di giovani e di atleti apparentemente sani.
È stato svelato, dunque, il mistero che ha provocato, per esempio, i decessi dei calciatori Piermario Morosini e Davide Astori, l’arresto cardiaco durante una partita di Christian Eriksen, centrocampista danese salvato in extremis grazie al defibrillatore, e altri casi analoghi che si sono verificati di recente negli stadi e nei palasport. A dare un contributo determinante alla scoperta, che apre scenari importanti per salvare vite con la prevenzione, è Domenico Corrado, aritmologo di fama internazionale tanto da essere chiamato in qualità di super perito a far luce appunto sulla scomparsa dei due calciatori italiani, che è direttore dell’Unità operativa complessa dell’Azienda Ospedale di Padova, e docente dell’Ateneo patavino. Ed è lo specialista a spiegare come lui e la sua équipe siano arrivati a chiarire il motivo per cui tale anomalia a volte risulti fatale.

L’ANALISI
«L’impegno della ricerca – spiega – è di identificare le cause delle patologie. Nella fattispecie un’altra novità è riconducibile ai progressi della genetica molecolare che ci permettono di risalire al fattore che provoca queste morti inaspettate, comportando un’instabilità elettrica primitiva delle cellule miocardiche che induce la fibrillazione ventricolare con arresto cardiaco in assenza di una malattia cardiaca strutturale dimostrabile». «In pratica – aggiunge – il cuore è normale ma le sue cellule no e lo scopriamo proprio con i test genetico-molecolari, perché quando un giovane muore improvvisamente e inspiegabilmente proprio l’autopsia molecolare rivela la positività a queste patologie eredo-familiari, permettendo poi di fare uno screening sui parenti della vittima. Ciò consente di fare prevenzione con la terapia farmacologica laddove sia possibile, ma soprattutto elettrica nei casi più gravi, che consiste nell’impianto di un Icd, un defibrillatore che entra in funzione se necessario, prevenendo le aritmie, svolgendo una funzione salva-vita». L’autopsia molecolare, dunque, per svelare cosa ci sia dietro le morti improvvise di grandi sportivi. Ma poi ci sono patologie che solo di recente sono state individuate come possibili cause, specialmente negli atleti, perché l’aritmia letale avviene sotto sforzo.
LA “FIRMA”
«Si tratta – spiega l’esperto cercando di essere più chiaro possibile nell’usare la terminologia scientifica – di una lesione cicatriziale non ischemica del ventricolo sinistro che sfugge alle indagini cardiologiche di routine e si vede soltanto con la risonanza magnetica cardiaca con mezzo di contrasto. L’immagine evidenzia una sorta di “cotenna” biancastra, esito cicatriziale della morte di una parte del muscolo cardiaco. Questa “banda” a forma di semicerchio, ad aumentata intensità di segnale si evidenzia come una impregnazione miocardica tardiva appena dopo la somministrazione appunto del mezzo di contrasto. All’ecocardiogramma non appare perché è confinata sul versante esterno della parete ventricolare, quindi è sub epicardica e risparmia il miocardio sub endocardico, che contribuisce maggiormente alla contrattilità regionale che è proprio quella valutata dall’eco, il quale non è abbastanza sensibile per rilevare la cicatrice-killer».
I CASI E L’ORIGINE
«Gli ultimi casi di arresto cardiaco sul campo di atleti professionisti top level – continua Domenico Corrado – sono stati provocati da questo genere di patologia cardiaca». Le cause che la scatenano sono tre, come mettono in luce gli studi più recenti. «Può essere una cicatrice riconducibile a una precedente miocardite, oppure una cardiomiopatia genetica, per esempio quella aritmogena, che è clinicamente silente e dà manifestazioni di sé improvvisamente con un evento aritmico che può rivelarsi mortale – sottolinea lo specialista – Infine, la terza possibilità, che è poi quella su cui stiamo indagando maggiormente, è che sempre la cicatrice sia il risultato di un danno miocardico da attività fisica intensa, come appunto quella dei giocatori di serie A, o di Premier League». Lo sport, però, è considerato una condizione imprescindibile per mantenersi in salute. «Certo, lo è, e infatti la sedentarietà è uno stile di vita deleterio, che predispone allo sviluppo di malattie specialmente cardiovascolari, o neoplastiche – precisa Corrado – Lo sport resta un’imprescindibile terapia preventiva, però a patto che non sia eccessivo, praticato per lungo tempo e ad alta intensità, come nelle discipline di endurance: in questi casi potrebbe indurre una morte miocellulare da stress meccanico, a cui consegue un processo riparativo sotto forma di cicatrice non ischemica. Basti pensare che gli atleti impegnati nelle gare ciclistiche, o nelle maratone, al termine della competizione presentano alterazioni della troponina, proteina che si alza per esempio in presenza di un infarto. L’effetto cumulativo potrebbe provocare questo danno in soggetti geneticamente predisposti. Morosini, Astori e Colbrelli (per i primi due Corrado è stato consulente, mentre il terzo lo ha preso in carico, ndr) e altri presentano tutti questa cicatrice».
LA PREVENZIONE
La conclusione porta a ipotizzare l’eventualità di effettuare esami preventivi. «La risonanza non può essere utilizzata per lo screening di massa e quindi il ruolo del cardiologo è di identificare dei test che permettano di selezionare quali atleti a rischio devono effettuarla – continua l’aritmologo, direttore della Uoc dell’Azienda ospedaliera di Padova – L’elettrocardiogramma ha scarsa sensibilità per questo, mentre sta emergendo un esame estremamente predittivo per la cicatrice, che è la prova da sforzo sotto forma di “step test” con monitoraggio continuo che rileva le extrasistole, espressione appunto di una sottostante cicatrice. E funziona come dimostra un nostro studio pubblicato su Jama nel 2006: nel Veneto dal 1982 quando lo screening è stato introdotto fra i giovani che fanno sport, la riduzione della mortalità è stata del 90%». «Se lo estendessimo anche ai non atleti, da ripetere annualmente, si ridurrebbero i decessi dopo la pubertà: negli ultimi 10 anni sempre nella nostra regione in questo modo li abbiamo quasi scongiurati», propone Corrado. I ricercatori stanno poi lavorando a una soluzione radicale del problema. «In futuro – conclude lo specialista – potrebbe essere un intervento mininvasivo di stellectomia latero cervicale, che sostituirebbe la terapia con il defibrillatore per prevenire la morte improvvisa da sforzo e in questo caso per esempio i calciatori potrebbero continuare a giocare nel campionato italiano».
© RIPRODUZIONE RISERVATA