Dieta e benessere, la convivialità aiuta: più siamo tutti a pranzo insieme, meglio stiamo

Ce lo dovevano ricordare gli americani, dalle pagine del New York Times, che il rito domenicale del pranzo in famiglia è un nostro patrimonio.

Sì, ce lo dovevano ricordare da Oltreoceano visto che qui, quel rituale, così come era nella memoria collettiva, non c’è quasi più. Sbiadito dietro altri tipi di “raduni”, pasti consumati in solitudine, brunch più o meno alla moda, digiuni dietetici e panini ingurgitati al volo. «Ricordo – scrive l’editorialista Frank Bruni – le domeniche quando mia nonna Angelina Bruni, immigrata a New York dal sud Italia, trasformava la cucina e la tavola in un caos di pietanze e specialità italiane. Proponeva lasagne inesauribili come il suo affetto, le polpette, le melanzane, i calamari, il pollo, gli affettati. Non si trattava di un pranzo a più portate quanto di un “ricatto” emotivo, non ci si poteva alzare per andarsene quando c'erano ancora tante cotolette in tavola e un vassoio di cannoli e biscotti in arrivo».

LE EMOZIONI

Nell'articolo si sottolinea, con rammarico, che il pranzo della domenica non è più quello di una volta, perché l'Italia è cambiata. Il richiamo Usa è arrivato proprio nel momento in cui si avvicina l’estate e con lei una maggiore possibilità di pranzi e cene conviviali magari all’aperto. Questo ci potrebbe permettere di vedere il momento del pasto distaccato dal mero nutrimento e fermare sulla sua portata emotiva dello stare insieme. Sul suo contributo, esclusi scontri e litigi, al benessere di mente e corpo. Come dimostrano due studi scientifici sugli effetti benefici della convivialità: uno dell’Università del Minnesota pubblicato su Family, System and Health che analizza abitudini e riti quotidiani in Italia, Germania e Stati Uniti, con oltre mille partecipanti per ogni Paese, e uno italiano pubblicato su Nutrition Research, che analizza la più recente letteratura su quanto faccia bene alla salute, renda felici e meno stressati. Lavori presentati durante il ciclo di incontri “Let’s Talk About Food&Science”. In un’epoca in cui mangiare da soli davanti al computer è diventata un’abitudine diffusa, questi lavori permettono di ricordare l’importanza della condivisione del pasto. E non solo quello domenicale. Lo studio dell’Università del Minnesota rivela che chi mangia più spesso in compagnia dichiara di essere meno stressato (soprattutto tedeschi e italiani) e, a fine pasto, di avere un umore migliore per il resto della giornata. Inoltre, sono state riscontrate correlazioni positive significative tra la frequenza dei pasti condivisi e il rafforzamento dei legami sociali.

Un’ulteriore riprova della correlazione positiva tra convivialità e una inferiore prevalenza di malattie cronico-degenerative, e maggiore benessere psicologico e longevità, arriva dal riesame della letteratura scientifica realizzata da Elisabetta Bernardi, nutrizionista dell’Università di Bari, e Francesco Visioli, professore associato di Nutrizione umana, Dipartimento di Medicina molecolare, Università di Padova, secondo cui l’analisi delle risposte infiammatorie, dei livelli di pressione sanguigna, della frequenza cardiaca e dei livelli di cortisolo evidenziano una relazione diretta tra felicità, salute e longevità. Seppur i meccanismi che regolano questa relazione, fanno sapere gli autori degli studi, non siano ancora del tutto chiari. I due ricercatori dunque, si sono proposti di analizzare i benefici meno noti della Dieta mediterranea, come la convivialità e la commensalità, che possono infondere buonumore, aiutare a ridurre il rischio di cancro e di depressione e quindi allungare la vita. La spiegazione di tali benefici può essere nel rilascio di sostanze neurochimiche, come l’ossitocina e le endorfine, alla base della felicità che caratterizza questi momenti di festa e di condivisione dei pasti. Le indagini epidemiologiche sulle cosiddette Zone Blu, regioni dalla longevità eccezionale, rivelano infatti un filo conduttore di commensalità e convivialità. Condividere i pasti può anche rivelarsi una strategia di trattamento efficace per la gestione della depressione. In un altro studio, gli autori riportano che l’aderenza alle abitudini alimentari mediterranee è collegata a un rischio inferiore del 29% di mortalità per tutte le cause e un rischio inferiore del 28% di mortalità per cancro e per malattie cardiovascolari, per lo più grazie all’attività fisica, al riposo, alle abitudini sociali e alla convivialità.

IL MODELLO

«Il modello alimentare mediterraneo, che si fonda proprio sul valore della convivialità – spiega Francesco Visioli – fa bene e lo provano numerosi studi, tra i più recenti, un’indagine condotta sulla popolazione spagnola che ha dimostrato una correlazione tra Dieta mediterranea, condivisione dei pasti e minore insorgenza di malattie cardiovascolari. Quando le persone condividono il pasto danno priorità alla salute e al benessere, prediligendo una sana alimentazione». I nuclei familiari che consumano insieme i pasti, come rileva lo studio, tendono ad avere una dieta più sana e i loro membri hanno meno probabilità di essere in sovrappeso o obesi. I bambini che sin da piccoli sono cresciuti con genitori abituati al consumo di frutta e ortaggi saranno più propensi a inserire questi alimenti nella dieta quotidiana. Non solo: i due studiosi riportano evidenze secondo cui i bambini che consumano i pasti in famiglia hanno un rischio minore di sovrappeso e di ansia. «Queste evidenze – conferma Elisabetta Bernardi – ci ricordano l’importanza di trovare il tempo per i pasti in comune. Non serve rimpiangere modelli conviviali che fanno parte di un passato lontano. I benefici del riunirsi intorno alla tavola ci sono e sono innegabili. Favorendo i legami e promuovendo emozioni positive».

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