Il Festival di Sanremo come terapia.
Le cinque serate dedicate alla canzone italiana potrebbero diventare un medicina per il nostro benessere fisico e psichico. Imparare quei brani e cantarli, in compagnia, sotto la doccia o in auto, è un’idea da non trascurare.
In realtà basta anche solo cantare, assecondare parole e musica di qualsiasi genere e di qualsiasi epoca per stare meglio. Sentirsi alleggeriti dallo stress come dall’ansia o dalla tristezza. Perché cantare, appunto, ci permette di far lavorare al meglio i polmoni, tonificare il diaframma e i muscoli intercostali. Promuovendo, così, una più salutare attività respiratoria.
“Canta che ti passa” graffiò un fante durante la Grande Guerra nella fenditura di una roccia calcarea sul Carso. E oggi il motto ci torna in mente quando ci si sente soffocati, stretti, incapaci di esprimerci con le parole, appesantiti dall’umor nero. Proprio quella migliorata respirazione, ossigenando la mente allontana i pensieri negativi, sincronizza il battito cardiaco e allenta le tensioni muscolari.
Proviamo a rileggere con calma (e canticchiare) l’attacco di Il mio canto libero, meraviglia di Lucio Battisti del 1972: “In un modo che/Non ci vuole più/Il mio canto libero sei tu/E l’immensità/Si apre intorno a noi/Al di là del limite/Degli occhi tuoi…”. Il potere del cantare sta tutto qui. La ricerca ha provato a dare un valore scientifico a quel rituale, corale o singolo, che ha da sempre accompagnato l’umanità. Dalle liturgie al lavoro nei campi, alla raccolta del riso, alle feste nei poderi e nelle piazze. Dai cori alle cantate durante le gite.
Si rammarica Paolo Caneva, docente di Musicoterapia al Conservatorio di Verona: «La canzone un tempo nasceva in famiglia, accanto alle culle o fra gli anziani, nelle osterie, nei campi e intorno ai lavatoi: ci si trovava nelle stalle dopo una giornata di lavoro o sulle aie e si imparava a cantare quasi per osmosi, ed era naturale che fosse così. Oggi, paradossalmente, siamo immersi in un’overdose di musica di tutti i generi, molto ascoltata ma poco agìta».
GLI EFFETTI
Eppure, come dimostrano diversi studi, il cantare solleciterebbe il lobo destro del cervello che governa le capacità creative e favorirebbe il rilascio di ossitocina e serotonina. Gli ormoni che ci rendono più rilassati e socievoli agendo da antinfiammatori e immunostimolanti. Per questo, la cantoterapia è sempre più utilizzata in pazienti con demenza. Tra i ricordi di brani imparati da giovani e le sollecitazioni del coro si riescono a intravvedere dei benefici.
Alcune ricerche, come quella condotta all’Università della musica e dello spettacolo di Francoforte, ci rivelano che cantare, oltre a rafforzare il nostro sistema immunitario, migliora la respirazione, la flessibilità del diaframma e la salute dei polmoni.
Il lavoro, pubblicato su Journal of Behavioral Medicine, ha dimostrato che i coristi, dopo un’ora di canto del Requiem di Mozart e sottoposti a prelievo di sangue, presentavano un aumento di anticorpi e antinfiammatori (immunoglobulina e idrocortisone). Risultato: il canto riduce la produzione di cortisolo, l’ormone dello stress che modifica l’umore e abbassa le difese immunitarie.
Cantare può anche aiutare le mamme a uscire più in fretta dal tunnel della depressione post parto. Uno lavoro dell’University College di Londra, pubblicato sul British Journal of Psychiatry, ha dimostrato che le donne che partecipavano a sessioni di canto in gruppo con i loro bambini avevano un miglioramento più rapido dei loro sintomi.
Nella ricerca, 134 donne sono state divise in tre gruppi: uno ha partecipato al canto corale, un altro a sessioni di gioco creativo e il terzo ha ricevuto le cure standard. Durante le lezioni di canto le madri imparavano ninna nanne e creavano nuove canzoni. Si è così visto che quelle con sintomi moderati e gravi di depressione post parto miglioravano più in fretta rispetto alle mamme degli altri due gruppi. Tutte hanno visto calare i sintomi nell’arco di 10 settimane, ma quelle del gruppo del canto già dopo 6 settimane avevano un calo medio del 35% dei sintomi depressivi. «La nostra ricerca indica che per alcune donne una cosa accessibile, come cantare con i propri bambini, può aiutare a rendere più veloce il loro recupero e uscire da un momento di grande vulnerabilità della loro vita» commenta Rosie Perkins, coordinatrice dello studio.
Un “farmaco”, la canzone, che sembra non avere controindicazioni o effetti collaterali. Comunque la si utilizzi. A Genova, alla Scuola Italiana di Cantoterapia, diretta da Claudia Pastorino, vocologa artistica e docente di Laboratorio di Linguaggi della Canzone all’Università degli Studi di Genova, si parla di “Medicina cantata”. La Cantoterapia, spiegano gli esperti, si occupa del canto non per la performance bensì per la cura. «Come attività costitutiva di ogni essere umano, attivatrice di risorse naturali di autoriparazione, autoriequilibrio, autoguarigione». Una autocura da integrare nella routine quotidiana per autogestire e controllare ansia, stress, emozioni negative.
LA GUIDA PRATICA
CORISTI, OVVERO COME USCIRE DA UNA BRUTTA GIORNATA
Cantare nei cori non solo ci connette con gli altri ma ha anche la capacità di migliorare l’umore. È una sensazione comune di molti coristi quella di andare alle prove stanchi o depressi dopo una giornata di lavoro non proprio brillante e uscirne sollevati, confortati o addirittura euforici. Il cervello, quando cantiamo con gli altri, rilascia ossitocina, una sostanza coinvolta nel legame sociale. Come rivela uno studio della McGill University di Montréal (ricerca in Scienze neurologiche) guidato dal professor Daniel Levitin.
LA LEZIONE DI ELLA FITZGERALD, OGN IINTERPRETAZIONE ERA DIVERSA
«L’unica cosa migliore del canto è cantare ancor di più». «Suppongo che ciò che ognuno vuole più di ogni altra cosa è essere amato. E sapere che voi mi amate per il mio canto è davvero troppo per me. Perdonatemi se non ho tutte le parole giuste. Forse posso cantarvelo, e allora lo capirete». «Basta non smettere di tentare e cantare». Le frasi di Ella Fitzgerald, che non cantava mai una canzone allo stesso modo perché questo le dava gioia, rivelano l’immensa gratitudine che la Regina del jazz aveva verso la sua voce e i virtuosismi che le permetteva.
DIAFRAMMA BASSO, TERAPIA PER LE PATOLOGIE POLMONARI
La terapia del canto riabilita i pazienti che soffrono di patologie polmonari (anche la Bpco) a respirare sfruttando l’intero polmone, invitandoli a concentrarsi su ogni respiro e facendo in modo che sia inspirazione sia espirazione siano totalmente efficaci. Con l’obiettivo di avere un maggiore controllo su tutto l’atto del respiro. Durante il canto si è portati a utilizzare l’intero polmone, facendo grandi respiri costanti e mantenendo basso il diaframma in quella che viene definita una “respirazione orizzontale”.