È un sentimento che si fonde con l’affettività ma anche con il contatto fisico, il desiderio di comunicare amore, la disponibilità ad ascoltare.
La tenerezza si nasconde nei pensieri e nelle azioni umane, si manifesta in mille forme, lenisce il dolore psichico e fisico. La pandemia, tra i suoi effetti, conta anche quello di aver riscoperto questo sentimento (o meglio riscoperto il bisogno profondo di esso) così tanto fragile da naufragare facilmente nel quotidiano. Tra dolore e paura diventati scomodi compagni di vita emerge il desiderio di tenerezza. Di quel linguaggio di corpo e parole capace di lenire e rassicurare. Atteggiamenti umanamente terapeutici per noi stessi e per gli altri.
L’ANTIDOTO
Atteggiamenti che un maestro della psichiatria contemporanea come Eugenio Borgna, classe 1930, docente all’Università di Milano a per anni Direttore dell’Ospedale psichiatrico femminile di Novara, ha captato e analizzato in un saggio: Tenerezza (Einaudi). Una riflessione medico-scientifica-letteraria che ci spiega perché, per tutti, è arrivato il momento di scoprire, riscoprire e far vivere la tenerezza. Già “dimenticata”, comunque, nelle relazioni prima della pandemia. Anche se la tenerezza, per gli specialisti, è un ottimo antidoto a un’esistenza, si legge nel saggio, «divorata dalla fretta e dalla diffidenza», ma anche espressione della capacità di incontrare gli altri «nel silenzio e nella solidarietà». «Non c’è cura dell’anima e del corpo, se non accompagnata dalla tenerezza che, oggi ancora più che nel passato, è necessaria a farci incontrare gli uni con gli altri, nell’attenzione e nell’ascolto» spiega il professore. Che, nel libro, si affida alla medicina, alla letteratura e alla filosofia, per riabilitare la più fragile e la più evanescente delle emozioni. Proprio perché, questa emozione ha la capacità, secondo lo psichiatra, di animare la nostra vita, di metterci in contatto con gli altri nel giusto modo e di far riemergere le speranze.
DIFFERENZE
«La tenerezza – ricorda Borgna – si esprime con il linguaggio delle parole, e con quello del corpo: uno sguardo, un sorriso, una lacrima, una stretta di mano, una carezza, un abbraccio. Le lacrime ci rivelano ciò che nell’uomo tace, sono le parole del silenzio. Ma, attenzione, non confondetela con la gentilezza. Si può essere gentili per una vita senza mai far trapelare la tenerezza. Anche con un cuore di pietra possiamo esprimere gentilezza. Quest’ultima, infatti, corre il pericolo di essere legata ad atteggiamenti, parole ancora troppo intessute di esteriorità e apparenza. Della tenerezza, tutto ciò, non fa parte. È assolutamente altro». A “scuola” di tenerezza Borgna racconta di essere andato negli anni in cui guidava il manicomio femminile di Novara. Lì dice di aver scoperto l’essenza di questo sentimento oggi considerato drammaticamente polveroso e vetusto. «E invece – aggiunge – sta proprio lì la ricchezza umana che in questo momento manca. Verso gli altri e verso se stessi. Sia negli adulti che nei giovani. Dobbiamo considerarla un ponte che ci fa uscire dai confini del nostro io, della nostra soggettività e ci fa partecipare alla interiorità degli altri. Un ponte verso il benessere. È una di quelle emozioni, purtroppo, più trascurate in questo momento storico. In cui è stato dimenticato anche il valore dello sguardo. Che può rassicurare come inquietare. Rilassare o mettere ansia. La disposizione di apertura all’altro non può che partire dalla “tenerezza dello sguardo”».
EQUILIBRIO
Ci sono sguardi che “fanno paura perché mirano a sbranare”, come diceva lo scrittore Premio Nobel Elias Canetti, e sguardi, animati proprio dalla tenerezza, che danno fiducia e serenità. Il ritratto dell’emozione che riesce a regalarci benessere, relazioni sane e fiducia in noi, è quello di un atteggiamento friabile in grado, però, di diventare equilibrio per il nostro corpo e la nostra psiche. Perché questa emozione implica l’essere attraversati, essere toccati nella nostra vita quando ascoltiamo una persona o proviamo a identificare le sue sofferenze. «Il dolore, spesso – spiega il professore – ci porta a fuggire anche da noi stessi. Sembra abitudine dimenticata quella di elaborarlo, farlo entrare dentro, trasformarlo proprio in tenerezza. Che possiamo comunicare con le parole e con il corpo». Lo psichiatra rivaluta l’importanza del sorriso, delle lacrime, delle carezze: segnali fisici che indicano grazia e vicinanza, comunione e umana simpatia, capaci di produrre vaste risonanze emozionali, sebbene spesso vengano interpretati come indice di debolezza e affettazione. La tenerezza, secondo lo specialista, si può e si deve imparare a conoscere, ad essa ci si deve educare, non esclusivamente quando si esercitino professioni di servizio sociale, ma nei rapporti quotidiani di amore, amicizia, confronto che hanno il diritto di essere preservati dall’indifferenza e dalla noncuranza, «altrimenti si smarriscono, svaniscono nella distrazione e nella superficialità».
LETTERATURA
Borgna usa le parole di Rilke, di Mann, di Leopardi e di Calvino per dare corpo a un’emozione sempre sotto attacco. In tempi, in cui, sembrano aumentati la durezza, l’aggressività, l’intolleranza, la brutalità, nel linguaggio e nei comportamenti, l’incapacità (o la non volontà) ad ascoltare. Un possibile antidoto, per vivere e far vivere meglio, è proprio ridare spazio e voce alla tenerezza. «Senza di lei – conclude lo psichiatra – la vita si inaridisce, raggelandosi e allora non stanchiamoci, tutti, di andare alla ricerca, sapendo che rende la vita degna di essere vissuta, e ci aiuta a non essere divorati dalle ombre della paura. Teniamo sempre bene a mente che la tenerezza ha a che fare con il cuore, e il cuore è la fonte del coraggio. L’una e l’altro hanno questo in comune».