Per risolvere alcuni disturbi della tiroide è necessario ricorrere al bisturi. È quanto accade nel caso dei tumori, delle forme di ipertiroidismo che non rispondono alla terapia medica, ma anche di un gozzo benigno voluminoso che, comprimendo trachea ed esofago, dia problemi a inghiottire, respirare o alterazioni della voce per stiramento del nervo. «Il tipo di intervento che possiamo proporre va da quello classico, che prevede un’incisione di una decina di centimetri alla base del collo, alla novità rappresentata dalla Mivat (tiroidectomia mini-invasiva video-assistita), alla nicchia ancora sperimentale della chirurgia robotica della tiroide, con approccio ascellare – spiega Rocco Bellantone, direttore del Centro di Chirurgia endocrina e metabolica, Fondazione Policlinico Universitario Gemelli IRCCS e preside della facoltà di Medicina dell’Università Cattolica di Roma – Su oltre duemila interventi sulla tiroide che effettuiamo ogni anno al Gemelli, il 40% dei quali per tumori, un terzo viene ormai realizzato con la Mivat». Parliamo di un’incisione di circa due centimetri alla base del collo, attraverso la quale si introduce una videocamera di 5 millimetri; l’intervento è quello della chirurgia tradizionale, con la differenza che si osserva il campo operatorio nel monitor. «Grazie al trauma operatorio ridotto – spiega il professore – la Mivat offre vantaggi estetici, minor dolore e ripresa post-operatoria più veloce. La possibilità di operare a grande ingrandimento consente inoltre di individuare con maggior precisione strutture quali le paratiroidi e il nervo della voce, quello che fa muovere le corde vocali e ne riduce il rischio di lesioni. Dopo un intervento di questo tipo la degenza è di un paio di giorni». Ma ci sono delle limitazioni. La Mivat è indicata solo per noduli inferiori ai tre centimetri, non va bene per noduli di dimensioni superiori o molto numerosi o se la tiroide è particolarmente voluminosa.
LE LINEE GUIDA
«Una delle grandi novità in chirurgia della tiroide degli ultimi tempi – ricorda Bellantone – è quella degli interventi sempre più conservativi. Le linee guida americane, che secondo gli europei sono troppo spinte sul versante conservativo, prevedono l’intervento di lobectomia, cioè di asportazione solo di metà tiroide anche per noduli di 4 centimetri. Le linee guida italiane, alla stesura delle quali ho preso parte, sono più prudenti e prevedono la lobectomia solo per noduli inferiori al centimetro, anche in presenza di carcinoma tiroideo accertato. Nel nostro centro stiamo sperimentando la chirurgia conservativa per noduli tumorali fino a due centimetri. Il vantaggio degli interventi conservativi è che dimezzano le complicanze a carico del nervo della voce, azzerano quelle da ipoparatiroidismo ed eliminano la necessità della terapia sostitutiva».