Thomas ha sette anni. E «paura degli zombie, dell’acqua, del buio e dei cani», da quando ha iniziato a parlare. È stato aggredito da un husky. Ma senza farsi troppo male. Miriam, invece, ne ha nove: teme di «essere rapita» e di «andare sul gommone», la vacanza Covid free, sotto casa, che quest’estate le ha proposto suo padre Marco. E, soprattutto, non vuole prendere brutti voti a scuola, «perché poi mamma…». Isabella ha sei anni. È la sorella più piccola, deve dare prova di coraggio. Dice che ha avuto terrore dei vampiri, dei pagliacci e del gatto nero. «Ora non più: sono cresciuta», ride. Perché le paure prendono le sembianze di mostri e animali e cambiano con l’età, nascono da situazioni nuove, in famiglia o con gli amichetti, quando si è soli, dalla preoccupazione di sbagliare, dall’insicurezza nelle scelte, e l’ansia che assale i più piccoli può diventare esasperante. Nervosismo, irrequietezza, tensione muscolare, irritabilità. Mal di pancia e mal di testa. Sono tutte reazioni comuni, passano con l’elaborazione delle emozioni, quando si rafforza la stima in se stessi. Come riuscirci? L’ospedale pediatrico Bambino Gesù di Roma ha pronto un vademecum indirizzato ai genitori. Spiega che «la paura va rispettata e non ridicolizzata, accettata e non razionalizzata». Tantomeno deve essere usata come «arma». Bisogna, invece, sostenere la fiducia dei più piccoli nelle proprie capacità, ma senza esagerare nelle aspettative (altrimenti, si ha l’effetto contrario). E aiutare il bimbo a capire e valutare i danni causati da un suo comportamento (anche in questo caso senza eccedere). Le punizioni sono ammesse, ma devono essere coerenti «poiché i bambini hanno bisogno di conoscere e riconoscere le regole». E, forse, il suggerimento più importante: «Alle loro naturali paure non vanno aggiunte le nostre. Di adulti», dice Teresa Grimaldi Capitello, responsabile di psicologia clinica. «In questi casi le difficoltà diventano complesse e devono essere attentamente analizzate. Spesso si traducono in un disagio dell’intero nucleo familiare», avverte Luisa Russo, responsabile della neuropsichiatria infantile dell’Asl Napoli 1 Centro. La più grande preoccupazione dei piccoli resta comunque la separazione dai genitori, il senso di abbandono. Ma, assieme ad altre paure arcaiche e ancestrali nasconde comunque una funzione protettiva, di autodifesa da potenziali pericoli.
L’ALLEATO
Le cautele verso gli animali hanno anche un valore simbolico e, per darsi forza, il bambino mette in atto da solo una serie di meccanismi di rimozione, proiezione, identificazione con l’aggressore. E le fiabe sono un valido alleato. Con personaggi buoni e cattivi, ritmo cadenzato della narrazione e storie a volte cruente, come i “Tre Porcellini”, “Pollicino” o “Cappuccetto rosso”, i bambini vivono le proprie paure in maniera controllata. In più, il «C’era una volta…» li fa sentire sicuri, perché crea una certa distanza dai fatti. «I libri diventano strumenti che permettono ai genitori di intensificare e consolidare un legame indissolubile con i figli e, sin dalla prima infanzia, favoriscono lo sviluppo cognitivo, linguistico ed emotivo», sottolinea Luca Astarita, tra i coordinatori del progetto “Nati per leggere”. Quanto a un’altra paura profonda e diffusa, quella del buio, il pediatra rimarca: «L’approccio migliore resta l’ascolto, un atteggiamento rassicurante. Mai banalizzare». Se le angosce non vengono superate, diventano fobie, un ostacolo nella vita quotidiana, fino a richiedere il sostegno di uno specialista, e gli Sos sono in aumento per diversi motivi. Con la pandemia, si notano nuove manifestazioni cliniche legate a sentimenti di smarrimento. Dai disturbi del sonno e dell’alimentazione a forme di aggressività e autolesionismo, «dovute a un “terrore senza nome” tra i bambini e gli adolescenti. Ma è fondamentale parlarne», sostiene Russo. Giochi e disegni possono aiutare per tirare tutto fuori.