Bere per ubriacarsi, sentirsi fighi e padroni del mondo. È ormai cronico tra i giovani il “binge drinking”, l’abbuffata alcolica che prevede il consumo di sei o più cocktail nell’arco di pochissimo tempo. Poco importa se sia a base di birra o Spritz, la regola del weekend è sballarsi e perdersi nelle emozioni. E in estate, se mai è possibile, tutto viene esagerato. C’è poi una nuova pericolosissima moda figlia dell’edonismo dei teenagers: la drunkoressia, che consiste nel saltare i pasti per poter aumentare l’assunzione di alcol senza ingrassare. La voglia di stordirsi non ha conosciuto tregua neanche durante la pandemia quando invece si è registrato un boom del consumo di alcol. Basti pensare che nell’ultimo anno, secondo i dati dell’Istituto superiore di sanità, la consegna a casa ha subìto un’impennata tra il 181 e il 250%: se l’aperitivo è digitale, il superalcolico arriva direttamente a casa. Dietro le sbornie c’è però l’ansia e la depressione generati dal confinamento che ha accresciuto, tra i ragazzi, il bisogno di lasciarsi andare agli eccessi. L’isolamento degli ultimi mesi ha portato, secondo l’Istituto di sanità, «un incremento di consumo incontrollato anche favorito dagli aperitivi digitali e sui social».
IL BUSINESS
Il tour alcolico del sabato sera non si arresta nonostante esista una legge che vieta la vendita e la somministrazione di alcolici ai minorenni. Il business non conosce ostacoli né morale e, in barba alla legge, nei luoghi simbolo della movida italiana, l’alcol viene regolarmente venduto a ragazzini di tutte le età. È la relazione annuale del Ministero della Salute a rivelare come ad abusare, nell’ultimo anno, siano stati più di 36 milioni di italiani, nel 78% dei casi si tratta di ragazzi dagli 11 anni in su. «Il 60% dei ragazzi fa il “binge drinking”, un fenomeno sottostimato che abbiamo mutuato dai Paesi del Nord Europa e che sta rovinando una generazione – spiega il direttore dell’Unità Operativa Complessa Medicina Interna e Patologie Alcol Correlate della Fondazione Policlinico Gemelli, Giovanni Addolorato – La bevuta nel weekend non è un normale passaggio adolescenziale. I genitori devono sapere che l’alcol è la prima causa di morte tra i ragazzi fino a 24 anni e ha effetti tossici su organi e apparati. Fino a 18 anni l’organismo non ha ancora prodotto gli enzimi che permettono di metabolizzare e digerire l’alcol. Per questo i ragazzi non devono assolutamente bere alcolici».
L’INVITO
Ma, secondo l’esperto, c’è dell’altro. Essere in stato di alterazione rende i ragazzi fragili e manipolabili, li espone ad essere vittime di violenze sessuali o di incidenti stradali. La soluzione per Addolorato è stigmatizzare l’abuso, soprattutto in vita delle vacanze estive, facendo arrivare ai giovani il messaggio che «bere non è da fighi ma da sfigati». © RIPRODUZIONE RISERVATA